CONVEGNO DI STUDIO - PACCHETTO FORMATIVO 2017

Atto notarile informatico: cosa cambia?

Torino, 16 Giugno 2017

Documentalità e interpretazione

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Documentalità e interpretazione 
Maurizio Ferraris e Angela Condello

Contenuti : introduzione ; (a.) documentalità ; (b.) interpretazione e techne ; (c.) conclusione.

Introduzione

Con questo saggio intendiamo discutere le novità introdotte dall'atto notarile informatico  a partire da due nuclei argomentativi: la documentalità (§ a.) e la relazione tra interpretazione e tecnica, e in particolare l’idea di intendere l’interpretazione in quanto tecnica (§ b.). Proponiamo una lettura dell’ermeneutica giuridica che integri sia la funzione del soggetto nell'applicazione e nell'interpretazione della norma giuridica - sia la  centralità delle forme e degli strumenti attraverso cui applicazione e interpretazione vengono rese operative.

Per lo sviluppo dei due nuclei argomentativi vanno poste le basi teoriche del nostro discorso e in particolare va definito il campo degli oggetti sociali, che è quello in cui principalmente il notaio agisce. Cosa si intende, prima di tutto, per « oggetti sociali » ? Gli oggetti sociali si distinguono dagli oggetti fisici e da quelli ideali, due categorie di oggetti che esistono indipendentemente dall'uomo, dalla sua volontà e intenzione, dal suo linguaggio. Diversamente dagli oggetti fisici e da quelli ideali, gli oggetti sociali esistono solo nella misura in cui degli uomini pensano che ci siano, vogliono che ci siano e soprattutto nella misura in cui gli uomini costruiscono delle forme necessarie per fare sì che gli oggetti sociali esistano e siano validi. Senza degli uomini, le montagne resterebbero quello che sono, e probabilmente i numeri manterrebbero le medesime proprietà, mentre non avrebbe alcun senso parlare di mutui e di proprietà.1
 
a. Documentalità

Quando firmiamo per accettazione un documento, o quando diciamo "sì” al matrimonio, non descriviamo semplicemente qualcosa che c’è già, ma stiamo costruendo qualcosa che comincia a esistere in quel preciso momento. Questa intuizione (già formalizzata da Austin) ha trovato una dimensione sistematica nell'opera di Searle,2 che non si è limitato a classificare gli atti linguistici, avendo infatti inoltre riconosciuto anche la presenza di oggetti che possono nascere da quei peculiari atti che sono i "performativi”: appunto, un matrimonio, un mutuo. Nella teoria di Searle per costituire un oggetto sociale è sufficiente l’intenzionalità dei soggetti, espressa appunto attraverso formule che hanno l’effetto di costruire il mondo sociale.

Per comprendere la nostra argomentazione è necessario considerare che la prospettiva intenzionalista (Austin, Searle) è stata corretta e integrata dalla documentalità.3 Molto semplicemente, se immaginiamo una seduta di laurea o un matrimonio in cui non ci  siano registri e testimoni, difficilmente si potrebbe sostenere che si è prodotto un marito, una moglie, un laureato. Gli oggetti sociali risultano strettamente dipendenti dalle forme della loro iscrizione e registrazione. Per questa ragione la professione notarile è centrale nella costruzione della realtà sociale: poiché quotidianamente costituisce oggetti che hanno anche durata lunghissima e che condizionano la nostra vita.

La documentalità, a differenza della teoria intenzionale sugli oggetti sociali, presta attenzione a tutto il sistema concreto di supporti e dispositivi che accompagna la nostra esistenza. Perché vi sia un oggetto sociale, è infatti necessario un supporto fisico; poi, una iscrizione, che è naturalmente più piccola del supporto e che ne definisce il valore sociale; infine, serve qualcosa di idiomatico, tipicamente una firma (con tutte le sue varianti: la firma elettronica, il codice del bancomat, il pin del telefonino), che garantisce l’autenticità dell’oggetto. Da questo sistema complesso di registrazioni dipendono obblighi, azioni, omissioni, doveri, responsabilità: la documentalità è dunque una forza costitutiva del sociale e tale carattere deriva dal fatto che il documento e la traccia esistono e hanno una durata e una validità capace di mobilitarci, di farci sentire obbligati, di spingerci ad agire, di avere dei doveri e delle responsabilità.
 
b. Interpretazione e techne

Riteniamo che la teoria della documentalità serva non solo a spiegare il ruolo costitutivo (performativo per eccellenza) del notaio, ma che possa inoltre costituire un utile raccordo tra la dimensione più concreta (ovvero: le operazioni di messa in forma dell’atto) e una dimensione più profonda e a nostro avviso rilevante della professione notarile, cioè la sua relazione con l’interpretazione intesa come attività di raccordo tra la realtà e la società da una parte e la norma giuridica dall'altra. In altri termini, l’operazione di raccordo tra la vita e le forme. Soltanto considerando la documentalità come un vero e proprio approccio filosofico al diritto si può apprezzare la complessità della funzione notarile, che nella creazione di documenti costitutivi del mondo sociale si misura costantemente con la relazione tra il corso mutevole della vita e le forme che sono l’essenza del sistema giuridico. Tradizionalmente, la funzione del notaio è stata quella di mettere in relazione l’intenzione dei soggetti con le formule valide per costituire gli oggetti sociali.  Attualmente viene mossa una critica alla professione notarile, critica legata soprattutto all'introduzione del documento digitale - che renderebbe superfluo l’intervento del notaio come soggetto capace di costituire gli oggetti sociali. A questa critica intendiamo rispondere attraverso la teoria della documentalità, per cui i documenti e i dispositivi su cui essi sono iscritti e registrati assumono una funzione centrale. Grazie alla prospettiva documentale, la funzione del notaio come soggetto capace di costituire oggetti sociali è posta al centro dell’ontologia sociale e non ai suoi margini, poiché per effettuare il raccordo tra forme del diritto (interpretazione), intenzioni e richieste dei soggetti, e capacità di operare attraverso i nuovi dispositivi informatici (tecnica) - è necessaria una competenza specifica.

Riteniamo che l’introduzione dell’informatica non faccia altro che amplificare e rafforzare il ruolo complesso e delicato del notaio in quanto soggetto capace di costituire un raccordo tra vita, realtà e sistema giuridico - attraverso (è questo il punto) la documentalità. Nel documento convergono: l’esigenza della forma, i fatti e i dati sempre variabili di ogni vita ed esistenza, il dispositivo tangibile in cui è registrata la volontà (e dunque - in senso leggermente variato e filosoficamente più ampio - l’intenzionalità) dei soggetti.

La funzione naturale del diritto è mettere in relazione norme e realtà. Le principali concezioni del diritto si differenziano in concezioni ideali e concezioni sostanziali. Le prime guardano al fenomeno giuridico come ad una rappresentazione di un mondo ideale che tende alla realizzazione della giustizia (giusnaturalismo e giusformalismo), mentre le seconde intendono il diritto come manifestazione della realtà umana (sociologismo, storicismo, teorie dell’interesse). Questi diversi approcci al diritto riflettono anche il modo di pensare l’interpretazione tra le forme, elemento costitutivo del diritto, e i loro  contenuti - variabili, mutevoli, o costanti. Ha ritenuto Kaufman che « Non c’è, prima, ancora nessun "diritto” e non c’è ancora neanche il "fatto”, piuttosto ci sono solo "materiali grezzi”; da una parte una certa quantità di astratte norme di legge, norme che, per la loro astrazione, non sono ancora per nulla utilizzabili, dall'altra un conglomerato di fatti disordinati che non sono ancora posti in rapporto con un qualche punto di vista giuridico, e dunque non sono neanche divisi ed apprezzati in rilevanti ed irrilevanti ».4

Per comprendere fino in fondo l’apporto della teoria della documentalità alla teoria generale del diritto si deve riprendere la tradizionale distinzione tra norma in senso statico e norma in senso dinamico. Nel momento statico del diritto la forma rappresenta un frammento del sistema ed è, anzi, funzionale alla costruzione e al mantenimento dello stesso. Così un diritto soggettivo, osservato da un punto di vista statico-formale, ha un contenuto apprezzabile in termini autonomi, nella misura in cui si compone di elementi ai quali lo stesso sistema giuridico riconduce determinati effetti ed è strumentalmente vincolato ad essi ed in forza di essi giustificabile. Nel momento dinamico, però, l’ago della bilancia si sposta e la norma diviene mero strumento utile all'interprete per percepire la sostanza che sta dietro alla forma, ossia il valore, al fine di dare soluzione al caso concreto. Così, in quanto sintesi tra due momenti diversi della forma e naturalmente legato al linguaggio, il diritto è ermeneutica, nella misura in cui lo studio scientifico del diritto è strumentale alla comprensione dei significati concettuali portati dalle norme.

Lo scarto tra norma in senso statico e norma in senso dinamico è un altro tassello fondamentale per comprendere l’apporto della teoria documentale nella lettura che cerchiamo di compiere della professione notarile come fulcro di raccordo tra realtà, realtà sociale e realtà giuridica. Il documento inteso filosoficamente e, al tempo stesso, osservato nella sua dimensione più operativa, cioè quella in cui esso è chiamato a costituire un oggetto prima inesistente (la costituzione di una società, ad esempio) è al contempo  quanto di più teorico e quanto di più concreto e materialmente tangibile vi sia, poiché dimostra anche che senza l’intervento di un soggetto interpretante esso non potrebbe nemmeno costituirsi in quanto oggetto connotato di quel potenziale performativo.
 
Il momento interpretativo è fondamentale: la norma giuridica è naturalmente caratterizzata da un elemento di incompiutezza poiché esaudisce il proprio senso solo nel momento in cui viene applicata: "la norma giuridica entra nel tempo storico. Il tempo non sta fermo e la norma, per così dire, procede con lui”.5 Non solo: «la trasformazione di una norma legale in una "fattispecie” (interpretazione) avviene con l’ausilio del caso concreto, la trasformazione del caso in una "situazione di fatto” (costruzione) avviene con l’ausilio della norma legale; e questa trasformazione è sempre un atto creativo, demiurgico, che precede la sussunzione, anche se nei casi "chiari” trasformazione e sussunzione sembrano coincidere ».6 Se si assumono per valide queste premesse, allora lo strumento principe per garantire al diritto di preservare la sua dimensione "naturale” di strumento a servizio di una collettività cosciente è, dunque, un altro, ossia l’ermeneutica: demandando all'interprete, vivente tra i viventi, la concreta applicazione del diritto si posticipa la definitiva formulazione della regola giuridica così ponendola a stretto ridosso del reale.7

L’ermeneutica entra in crisi laddove venga anteposta all'ontologia. Ma se studiata dal punto di vista giuridico e soprattutto in relazione alla teoria della documentalità, essa può essere valutata come Hauptinstrument per l’attività ermeneutica in generale. È interessante che La teoria generale dell’interpretazione di Emilio Betti faccia riferimento alla teoria del segno di Peirce; Betti individua nella impostazione peirciana un valido supporto per precisare e dare consistenza a ciò che intende quando parla di interpretazione e di qualcosa che viene interpretato. Notoriamente la prospettiva bettiana si è contrapposta a quella di Gadamer, secondo cui l’interpretazione è il momento in cui si realizza la precomprensione dell’interprete: il che è dimostrato dal fatto che in molti ambiti del diritto i giudici non intendono comprendere la realtà, ma costruirne una nuova, frutto di scelte politiche. Per cui in un quadro in cui la scelta e la posizione dei soggetti è così centrale, ovviamente anche la prospettiva di Gadamer andrebbe recuperata per ripensare criticamente la funzione del diritto oggi (soprattutto in rapporto al tema della crisi della legge.

Ma è sulla idea bettiana di una triangolazione tra soggetto, medium e oggetto che intendiamo costruire il raccordo tra la documentalità e la funzione interpretativa del giurista e del notaio in particolare - soprattutto in seguito all'introduzione dell’atto  notarile informatico, che aggiunge al livello già documentale anche un supporto informatico e dunque aggiunge un medium al medium. Il notaio è al centro di questa triangolazione e, poiché pensiamo che vada attribuito allo strumento informatico e al suo utilizzo un ruolo centrale, riteniamo che la centralità della funzione notarile sia non solo confermata dallo strumento informatico, ma persino rafforzata. La prospettiva di Betti ci sembra utile a leggere questo momento di transizione poiché tiene insieme la centralità dell’oggetto e la funzione del soggetto interpretante. Betti afferma: «l’interprete è chiamato a intendere il senso, sia intenzionale, sia oggettivamente riconoscibile, cioè a comunicare con l’altrui spiritualità attraverso le forme rappresentative in cui essa si è oggettivata. Il comunicare fra i due non è mai diretto, ma sempre mediato da questo termine intermedio».8 Si capisce la ragione per cui Peirce doveva risultare un riferimento rilevante agli occhi di Betti: egli nel processo della conoscenza e della semiosi attribuisce il primato alla realtà esterna rispetto al soggetto umano. L’oggetto - il documento, e il supporto attraverso cui esso viene realizzato e su cui esso resta registrato - è al centro dell’ontologia bettiana e dunque anche della sua ermeneutica (e non viceversa).

La teoria dell’interpretazione di Betti ci sembra offrire un nesso utile a leggere la grande trasformazione in atto nella professione notarile e anche (al tempo stesso) nella teoria generale del diritto in relazione alla teoria della documentalità e alla centralità svolta dalla tecnica in quanto medium che costituisce un raccordo tra la catalogazione del mondo (ontologia) e ciò che conosciamo del mondo (epistemologia).9

c.Conclusione
 
L’autonomia ermeneutica dell’oggetto suggerita da Betti costituisce il fondamento teorico per la promozione della filosofia della tecnica a "filosofia prima”, al posto della ontologia, nella misura in cui essa è in effetti una filosofia inclusiva, una filosofia che prende in  esame il medium che sta fra l’essere ("primità” nei termini di Peirce) e il sapere ("secondità”, sempre in Peirce). La filosofia della tecnica è una filosofia che prende in esame gli strumenti, i dispositivi, e dunque ci permette di analizzare il passaggio dalla scrittura all’informatizzazione in chiave teorico generale e non soltanto superficialmente nel senso di un cambiamento del tipo di attività o di operazione ce viene svolta. Lo schema triadico di Peirce è questo (dove l’oggetto costituisce la primità, il segno la secondità e l’interpretante la terzità):

 
 

La prospettiva che sta alla base della matrice teorica che proponiamo è:


 
La prospettiva della terzità tecnologica permette un rilancio della filosofia speculativa conferendole, insieme, una concreta base di evidenze e di applicazioni: l’emergenza tecnologica. La terzità tecnica non ha a che fare soltanto con le remote origini dell’umano, ma con le realizzazioni intellettuali più elevate, come il ragionamento matematico. Eulero sosteneva che tutta la forza della sua matematica si concentrava nella matita con cui faceva i calcoli, e la grande scoperta di Turing consiste nell’aver capito che per calcolare non è necessario sapere cosa è la matematica, occorre disporre delle competenze tecniche che consentono il calcolo. Per cui allo stesso modo riteniamo che lo strumento informatico sia un supporto che amplifica la funzione ermeneutica (tra fatti e norme) del notariato e che non ne costituisca una riduzione, né una semplificazione. Noi non comprendiamo anzitutto analizzando, ma compiendo azioni, agendo, e operando: le azioni si svolgono durante la continuità e il mutamento del tempo che si conservano ed esteriorizzano attraverso i documenti.

Per questo l’informatizzazione e l’uso della tecnologia in generale costituiscono un veicolo non di alienazione dell’umano, bensì uno strumento di rivelazione delle caratteristiche fondamentali della natura umana e delle strutture essenziali della realtà sociale. L’informatizzazione della professione notarile, come tutte le manifestazioni dell’uso della tecnologia da parte dell’essere umano, è una rivelazione di ciò che la professione è - e di ciò che sta divenendo. La tecnica è insieme ciò che supplisce alle nostre mancanze e rivela le caratteristiche delle nostre azioni e della natura umana. Prima ancora che la creazione di valori o di norme, è anzitutto la costruzione di apparati tecnici la prima preoccupazione dell’uomo (che sente il bisogno di nutrirsi, armarsi, scaldarsi). Molto tempo dopo appariranno le prime norme, come derivate - appunto - dalla tecnica.

La tecnica rappresenta sia il medium che il suo utilizzo: ovviamente, il dispositivo sui cui si deposita l’atto notarile informatico è pura materia senza il soggetto che ne fa uso; tutt’altro che ovviamente, invece, la nostra proposta teorica va dunque nel senso di un ribaltamento della critica mossa a Betti, ossia l’idea di concepire l’ermeneutica come techne (l’interpretazione, gli veniva obiettato, non è soltanto tecnica). Se la tecnica è presa sul serio (e con essa la tecnologia), allora l’associazione tra ermeneutica e tecnica non solo non è riduttiva, ma aggiunge un elemento teorico fondamentale a questo percorso tra filosofia e diritto che abbiamo intrapreso.
 
 
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1 M. Ferraris, Storia dell’ontologia, Bompiani, 2008.
2 J.R. Searle, Speech Acts. An Essay in the Philosophy of Language, Cambridge University Press, 1969; Atti linguistici. Saggio di filosofi a del linguaggio, tr. it. di G.R. Cardona, Bollati Boringhieri, 1976.
3 M. Ferraris, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce, Laterza, 2009.
4 A. Kaufman, Filosofia del diritto ed ermeneutica, 147 (prosegue): "la cosiddetta sussunzione non rappresenta alcun problema, se solo sono fissate le premesse. L’atto decisivo consiste proprio nel produrre queste premesse, nella loro corrispondenza: rendere concrete le norme con riguardo ai fatti e ricostruire il fatto partendo dalla norma”.
5 A. Kaufman sottolinea inoltre che l’interpretazione ha una duplice funzione: quella di portare a compimento lo scopo ultimo del diritto, essendo votata alla sua applicazione, e quella di permettere a un sistema operativamente chiuso di essere al contempo cognitivamente aperto (come ha sostenuto Luhmann).
6 A. Kaufman, p.  23-24.
R. Guastini, Teoria e dogmatica delle fonti, Giuffrè, 1998, 17 s.; F. Modugno, Interpretazione giuridica, Cedam, 2009, p. 296.
8 E. Betti, Teoria generale dell’interpretazione, Giuffrè, 1955, p. 71.
9 M. Ferraris, Documediality project, in collaborazione con A. Condello, 2017.